L'Isola di Alicudi

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Alicudi, superficie km 5,2, è l’antica Ericusa, nome dovuto alle boscaglie di eriche di cui è ammantata ancora oggi buona parte dell’isola.

Cenni fisici

L’isola di Alicudi è costituita da un vulcano a strato complesso, coperto nella parte sud occidentale da alcuni vulcanelli con cupole di ristagno.
Alicudi ha forma subconica culminante col Filo dell’Arpa o Timpone della Montagnola (mt 662). Il pendio occidentale dell’isola è ripido e disabitato, quello orientale è costituito da piani e disseminato di case.
Caratteristici il Serro della Farcona, cinto da alti precipizi, e il Timpone delle Femmine, ubicato in posizione impervia, difficilmente raggiungibile, dove si rifugiavano le donne e i bambini durante le scorrerie saracene.
Circumnavigando l’isola si ammirano pendici terrazzate coperte da cespugli e fichi d’India, alte coste con stratificazioni di rocce nere e rossastre, anguste forre, valloni di detriti lavici sgretolati dette Sciare, e solenni precipizi che conferiscono al paesaggio un’impronta di maestosità indimenticabile.

La gente

Alicudi è l’isola più occidentale delle Eolie, la prima che si incontra venendo da Palermo. Per questo, anche se aspra e isolata e nonostante la totale mancanza di insenature e ripari per ormeggiare, è stata un punto di riferimento per i navigatori dell’antichità.
Un abitato delle fasi iniziali della cultura di Capo Graziano (età del bronzo, XVII-XVI sec. a.C.) doveva estendersi vicino al porto, dove anche si trovano sparsi frammenti ceramici di età romana.
Come le altre Isole Eolie, anche Alicudi ha subito secoli di incursioni piratesche con razzie sia di quel poco che gli abitanti avevano sia delle stesse persone vendute come schiavi. Il terrore di queste scorrerie portò gli abitanti alla fuga e rese l’isola quasi disabitata per tutto il Medioevo fino al 1600.
Successivamente, il ripopolamento ha portato nell’isola un numero esiguo di patronimici e furono normali matrimoni tra parenti. Da ciò il ricorso alle “ingiurie”, soprannomi che permettono l’identificazione delle singole famiglie nella moltitudine di Taranto, Russo, Virgona e pochi altri cognomi: i “cavaddi”, i “mustazzoni”, i “iatti”, i “friscaleddu” sono alcuni dei nomignoli che mettono una nota colorata e allegra nel parlare.
La popolazione, che attualmente non raggiunge le 150 anime, superava i 1200 abitanti all’inizio del secolo, prima delle grandi emigrazioni verso l’Australia e l’America. Sfruttava intensamente il suolo, riuscendo addirittura ad esportare parte della produzione di olio e di capperi. Un’opera impressionante di terrazzamenti con muri a secco e una rete di mulattiere e scalinate testimoniano tuttora l’attività e l’organizzazione di questa piccola comunità essenzialmente contadina, i cui insediamenti principali erano siti in montagna, nelle vicinanze delle zone coltivate. Come nelle altre isole, la maggiore difficoltà nello sviluppo dell’agricoltura era legato alla mancanza di sorgenti. Il problema dell’acqua, esclusivamente piovana, era stato risolto grazie ad un sistema molto elaborato di raccolta delle acque e di cisterne: ogni casa ha ancora la propria, spesso anche più di una. Se ne possono trovare alcune, dislocate nei campi, che erano alimentate dai pochi torrenti che si formano durante le piogge.
Gli abitanti detti “arcudari” sono noti per la loro forza fisica, “colossi” gentili dediti alla pesca e all’agricoltura che oggi hanno un po’ tralasciata, come mostrano i terrazzamenti incolti invasi dalla macchia mediterranea, per dedicarsi ai turisti che sempre più numerosi scelgono questo luogo da eremiti.

Il paese

Alicudi, l’isola più solitaria delle Eolie, sembra persa nel tempo e conserva ancora tutto il suo fascino naturale. Chi arriva ad Alicudi si immerge in una dimensione di vita ormai sconosciuta: la risacca del mare e lo stormire del vento sono gli unici suoni. Ad Alicudi mancano del tutto viottoli e vie rotabili: le sue “strade” sono delle scalinate in pietra lavica locale che si inerpicano ovunque e collegano tutte le case esistenti, percorribili solo a piedi e dall’unico mezzo di trasporto dell’isola, gli asini, che sopportano il peso di merci e bagagli. Niente locali rumorosi né boutiques, solo pochi negozi essenziali, un luogo incantevole dove rifugiarsi e assaporare una vacanza diversa. E’ pittoresco questo paesino dalle case bianche che si inerpica, terrazzamento dopo terrazzamento, sulle ripide e aguzze pendici del vulcano, immerso tra piante di erica, canne, fichi d’India, piante di capperi e buganvillee, fino alla Chiesa di San Bartolomeo, 400 mt s.l.m., unico monumento di rilievo, ricostruita nel 1821 sugli intatti resti della seicentesca sacrestia. Anche qui, nel grande terrazzo, sul retro, vi è una grande cisterna per la raccolta dell’acqua piovana. Oltre la Chiesa, una scalinata grandiosa conduce a quota 500 mt, al villaggio oggi abbandonato e in rovina di Montagna, antico insediamento di Alicudi edificato in alto per meglio difendersi dai corsari. Pittoresco agglomerato è la Tonna, rannicchiato al riparo di una panoramica vallata.

I rifriscaturi

Una particolarità unica è la presenza dei “rifriscaturi”, soffioni freddi emessi da cavità sotterranee, anticamente utilizzati dagli abitanti dell’isola come frigoriferi naturali per conservare cibi o raffreddare bevande.

Da fare e vedere ad Alicudi

• Escursione al Filo dell’Arpa o Timpone della Montagnola (mt 662)
• Giro dell’isola in barca

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